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Martedì, 07 Maggio 2024
 
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Storia Postale

L’esperimento romano del chiosco fai-da-te

Il mondo della meccanofilia italiana è alle prese in questi giorni con un nuovo tipo di affrancatura da sportello, probabilmente una nuova versione delle TP Label. Philweb vuole, tuttavia, fare un passo indietro, affrontando un argomento poco noto ai filatelisti italiani. Alla fine del 2004, difatti, presso l’ufficio di Roma VR venne attivato un chiosco fai da te capace di stampare affrancature di posta ordinaria e posta prioritaria verso tutte le destinazioni del pianeta. L’esperimento, che durò poco più di un anno, fu comunque segnato da lunghi periodi di inattività della macchina, a causa di guasti ricorrenti ed errori nel software. Le poche affrancature note sono diventate ormai ricercatissime dai meccanofili e dagli studiosi di storia postale.

LÂ’esperimento romano del chiosco fai-da-te

È cronaca di questi giorni: una nuova versione dell’affrancatura da sportello TP Label sta prendendo piede negli uffici postali italiani. L’impronta, che è stampata sulle stesse etichette della precedente versione, si presenta di formato nettamente ridotto, nonché con una nuova disposizione degli elementi grafici (data matrix, nome ufficio, data e ora, ecc.) e con l’aggiunta di una serie di sbarrette, caratterizzanti il tipo di prodotto postale.

Si tratta, senza voler entrare nel dettaglio di tipi, e sottotipi, della terza versione di affrancatura da sportello prodotta mediante stampa termica. Prima dell’ormai arcinota TP Label (che, lo ricordiamo, è stata introdotta a partire dalla fine del 2001), ci fu difatti l’esperimento della stampante ZEBRA, distribuita nel 2000 a pochissimi uffici di Roma e Milano, e le cui affrancature sono ora abbastanza rare e ricercate dagli specialisti.

Pochi sanno, tuttavia, che nel campo della meccanofilia a stampa termica c’è stato anche, nel medesimo periodo, l’esperimento di un chiosco self service.

Si parlò, all’epoca, di due distinte macchine, attivate entrambe a Roma: la prima presso l’ufficio postale di ROMA VR, in Piazza San Silvestro, e la seconda presso l’ufficio postale di ROMA VIALE EUROPA, interno alla Direzione centrale di Poste Italiane. Di queste, tuttavia, solo la prima è stata realmente installata, ed è entrata in funzione il 28 dicembre 2004, in occasione della riapertura dell’ufficio dopo un lungo periodo di chiusura per il restauro degli interni e le operazioni di conversione al nuovo layout aziendale.

Attivato alla chetichella, quasi inosservato da stampa e pubblico, tale chiosco chiuse tuttavia subito i battenti a causa di un banalissimo guasto al trasformatore di corrente elettrica, con al suo attivo appena 132 affrancature.

La macchina, prodotta dalla WINCOR/NIXDORF (fornitrice anche delle altre postazioni “fai da te” installate nell’ufficio per la distribuzione dei francobolli, il pagamento dei bollettini di conto corrente e la verifica del “gradimento” della qualità dei servizi) era provvista nella parte centrale di uno schermo in modalità touch screen, mediante il quale il cliente poteva inserire i dati riguardanti la spedizione. Sopra e sotto lo schermo si trovavano, rispettivamente, le feritoie per l’inserimento delle monete e delle banconote. Nella parte bassa del chiosco, poi, c’era la feritoia, più grande, per il rilascio dell’affrancatura, dello scontrino e dell’eventuale resto. Al di sotto di questa, infine, si trovava la bilancia per pesare le lettere.

Un’enorme cassetta di impostazione con scomparti separati per posta prioritaria e posta ordinaria affiancava, sul lato destro, l’affrancatrice. Su di essa vi era anche riprodotto il “bustometro”, onde permettere ai clienti di selezionare sul video i dati inerenti la spedizione.

Appena toccato lo schermo, difatti, era richiesto di indicare il tipo di invio (prioritario o ordinario) e, nelle due successive schermate, se si trattava di invio diretto in Italia o all’estero e se rientrante o meno nella categoria “standard”. Quindi il cliente era tenuto ad immettere, sempre operando direttamente sullo schermo, il CAP di destinazione e, successivamente, la sigla della provincia (indicazione peraltro superflua, avendo già inserito il CAP!). Quindi era il momento di pesare la lettera sull’apposita bilancia e di confermare, sullo schermo, il peso ed i dati finali della spedizione. Solo a questo punto la macchina richiedeva l’inserimento del denaro, sotto forma di banconote o monete.

Ma non era finita qui: una volta inserito l’importo, difatti, la macchina visualizzava tutta una serie di indicazioni sull’uso dell’affrancatura. Al cliente, difatti, veniva ricordato che l’affrancatura era valida solo per il giorno corrente e che la propria lettera poteva essere impostata solo presso lo stesso ufficio postale.

Finalmente, dopo quasi due minuti dall’attivazione della procedura, la macchina stampava l’affrancatura ed emetteva lo scontrino.

Per quanto concerne l’affrancatura vera e propria, le dimensioni (mm. 83x41) la differenziavano da quella, leggermente più grande, della TP Label. A differenza di quest’ultima, poi, quella del chiosco self service era stampata su un modulo continuo di etichette disposte in senso verticale anziché orizzontale.

L’impronta recava, nella parte destra, il data matrix, sormontato dal logo di Poste Italiane mentre nella parte sinistra, in alto, vi era l’indicazione del tipo di servizio (posta prioritaria o posta ordinaria), l’importo, la data e l’ora di accettazione dell’invio, il CAP di destinazione e l’indicazione dell’ufficio postale, quest’ultima in negativo e preceduta dal frazionario.

Proprio in relazione all’indicazione dell’ufficio postale è possibile rilevare una prima imprecisione: l’ufficio di ROMA PIAZZA S. SILVESTRO in realtà non esiste. Il nome esatto dell’ufficio contraddistinto dal frazionario 55/001 è difatti ROMA VR.

Un tempo, quando gli uffici principali delle grandi città erano distinti a seconda dei servizi espletati, al piano terra del Palazzo delle Poste di Piazza San Silvestro coesistevano tre uffici postali autonomi:

- 55/001 ROMA VR (per i servizi a danaro);
- 55/514 ROMA UFFICIO TELEGRAFICO PRINCIPALE;
- 55/518 ROMA UFFICIO CENTRO CORRISPONDENZE.


Quando, alla fine degli anni ’90, si è completamente rivista l’organizzazione degli uffici postali, i tre uffici di Piazza San Silvestro sono stati riunificati nel primo, con il nome, che ha continuato a mantenere la vecchia denominazione.

Nel dire comune, tuttavia, sia l’attuale ufficio ROMA V.R. che i precedenti tre uffici distinti e separati sono sempre stati, per i romani, l’ufficio di PIAZZA SAN SILVESTRO; da qui, probabilmente, l’errore che ha portato il programmatore ad impostare nella macchina il nome di un ufficio postale di fatto inesistente.

Lasciate queste puntualizzazioni di carattere tecnico, passiamo ora ad analizzare lo scontrino, che la macchina emetteva per ogni singola affrancatura effettuata.

Il modulo, stampato su carta termica, misurava all’incirca mm. 100x59. Al di sotto del logo aziendale vi erano, anzitutto, i dati relativi al singolo chiosco ed allo scontrino: nome dell’ufficio postale, numero identificativo del chiosco, numero della ricevuta, data ed ora.

A proposito del numero del chiosco (o meglio del “self service”, come è indicato sullo scontrino), c’è da dire che questo era composto dal frazionario dell’ufficio postale e da un altro numero (in questo caso il 27). È estremamente probabile che tale numero fosse l’indicativo della “sezione” (che poi è il termine tecnico per “sportello”), dunque il “self service” potrebbe essere stato la sezione 27 dell’ufficio postale di ROMA VR.

Dopo i dati del singolo chiosco, seguivano i dati dell’invio, con l’indicazione di: tipo, destinazione, CAP, provincia, formato, peso, importo, importo inserito e resto consegnato.

Un’ultima curiosità riguardante lo scontrino: mi è capitato di effettuare alcune affrancature inserendo un importo maggiore di quello richiesto (unicamente perché non avevo l’esatto importo in monetine); ebbene ho potuto rilevare un’incongruenza tra l’indicazione dell’importo inserito e del resto consegnato. Probabilmente ciò era dovuto ad un errore nel software.

Un inconveniente ben più grave era rappresentato da un difetto nel meccanismo di rilascio dell’affrancatura. Spesso, difatti, a causa di una sporgenza “di troppo”, l’affrancatura, regolarmente stampata e tagliata dal rotolo delle etichette, rimaneva all’interno della macchina. A questo punto era necessario l’intervento del personale addetto alla manutenzione, in possesso delle chiavi per aprire la macchina e “liberare” l’affrancatura.

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