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Domenica, 19 Maggio 2024
 
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Cronache di Posta

Francobollo per Fiume: adesso Poste faccia chiarezza!

Non accennano a placarsi le polemiche sulla sospensione dell'emissione per Fiume, la cui uscita era prevista martedì scorso. Troppi, difatti, gli uffici postali che hanno venduto il francobollo nonostante il blocco imposto dalla Divisione Filatelia. Esemplari singoli, quartine, fogli interi e addirittura buste primo giorno sono stati regolarmente acquistati addirittura presso alcuni sportelli filatelici. Philweb ha cercato di dare una risposta ai tanti interrogativi che in questi giorni i collezionisti si stanno ponendo, provando a fornire una ricostruzione di ciò che è successo in Poste tra la sera di lunedì 29 e la giornata di martedì 30 ottobre.

Francobollo per Fiume: adesso Poste faccia chiarezza!
A distanza di quattro giorni dall'improvvisa sospensione dell'emissione per Fiume, decisa all'ultimo momento su pressioni diplomatiche croate, le polemiche non sembrano in alcun modo destinate a diminuire.

Polemiche anzitutto sui motivi che hanno determinato le scelte del ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni, che solo nella tarda serata di lunedì ha comunicato a Poste la propria decisione di bloccare l'uscita del francobollo, quando gli uffici ne erano già stati riforniti ed erano pronti ad iniziare la vendita l'indomani mattina. Una decisione semplicemente incomprensibile, considerato che lo stesso ministro aveva dato il proprio assenso al francobollo, e che le proteste croate erano comunque note da tempo. Ma di questo abbiamo già abbondantemente discusso.

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Sono altre le polemiche di cui, a questo punto, ci vogliamo occupare, ossia quelle che interessano Poste Italiane, che non è stata in grado di bloccare ovunque l'uscita dell'emissione. Con il passare del tempo, difatti, si scopre che un numero sempre maggiore di uffici postali ha ignorato o non ha ricevuto con la dovuta tempestività l'ordine di sospendere la vendita del francobollo. Lecce, Bologna, Palermo, Milano: pare che ovunque in Italia ci siano uffici che hanno regolarmente venduto il valore dedicato a Fiume.

Molti gli interrogativi che si stanno ponendo in questi giorni i collezionisti italiani, ai quali noi di Philweb abbiamo voluto cercare di dare una risposta, ricostruendo ciò che è successo tra le giornate di lunedì 29 e martedì 30 ottobre.

Partiamo dall'inizio


Nella tarda serata di lunedì, la Divisione Filatelia riceve un'apposita informativa con la quale il Ministero delle comunicazioni comunica la decisione appena presa dal ministro Gentiloni di sospendere l'emissione.

Verrebbe naturale pensare che, di fronte ad un tale improvviso provvedimento, la struttura filatelica di Poste abbia inviato immediatamente un ordine esecutivo di blocco del francobollo a tutti gli uffici postali del Paese. Ma non è così!

La Divisione Filatelia, difatti, non può autonomamente inviare alcun tipo di ordine o comunicazione agli uffici postali, ma deve farlo attraverso la superstruttura che si occupa di gestire la rete territoriale, ossia il Chief Network and Sales Office (CNS). Nella tarda serata di lunedì, dunque, la divisione di Piazza Dante, attenendosi alla procedura interna di Poste, invia una comunicazione al CNS chiedendo di diramare a tutti gli uffici un apposito messaggio per bloccare l'emissione del francobollo in uscita l'indomani. Cosa che, a quanto pare, il CNS fa immediatamente, nella stessa serata di lunedì. Ma lo fa in che modo? Chiunque, a questo punto, penserebbe ad un unico messaggio inviato via posta elettronica direttamente da Roma a tutti i 14.000 uffici, così da essere visualizzato già all'avvio dei terminali, prima dell'apertura al pubblico degli sportelli. Ma pare non sia stato così!

Sembra, difatti, che neppure il CNS possa inviare direttamente i propri messaggi agli uffici postali, ma debba farlo attraverso i singoli "poli tecnologici" sparsi sul territorio (dovrebbero essere nove in tutto il Paese). La comunicazione della Divisione Filatelia, a questo punto, pare sia stata inviata a tali "poli", che l'indomani mattina l'avrebbero letta e ne avrebbero estrapolato il messaggio da inviare agli uffici di propria competenza. Cosa che in effetti è avvenuta ma ...

Stop all'emissione: tempi e modalità


Da quanto appreso, sembra che la comunicazione di stop all'emissione non sia stata inviata tramite e-mail, bensì tramite il sistema "Net Send". Per chi non abbia particolari conoscenze informatiche, spieghiamo che "Net Send" è un sistema di messaggistica istantanea molto usato dalle reti aziendali: la comunicazione, in pratica, allorché raggiunge ciascuno dei terminali collegati in rete, viene visualizzata sotto forma di messaggio istantaneo, rimanendo sullo schermo sino a quando l'operatore non prema il tasto "invio", dopodichè, al contrario delle tradizionali e-mail, scompare e sul computer non ne rimane più traccia. È un sistema solitamente utilizzato per inviare comunicazioni informali e di poca importanza, poiché è molto facile che l'operatore, per errore o distrazione, dia "invio" senza aver effettivamente letto il messaggio. La domanda, a questo punto, è più che ovvia: perché Poste avrebbe utilizzato per una comunicazione così urgente e importante un sistema di messaggistica così palesemente inaffidabile?

Rimane poi anche da capire con che tempistica tali comunicazioni siano state inviate dai singoli "poli" agli uffici postali. Da quanto abbiamo appreso chiedendo in giro, sembra infatti che i messaggi siano giunti agli uffici postali con notevole ritardo, e

Un tipico esempio di messaggio istantaneo generato
dal comando Net Send su reti di computer con sistemi
operativi Microsoft Windows
con ampie differenze di tempo a seconda delle aree geografiche. Se, dunque, gli uffici facenti capo al polo di Bari e a quello di Milano pare siano stati allertati poco prima delle nove, quelli bolognesi e siciliani sembra abbiano ricevuto la comunicazione solo in tarda mattinata, intorno a mezzogiorno. Perché tali differenze così marcate da zona a zona? A chi è imputabile tale ritardo, agli uffici che non avrebbero prestato la necessaria attenzione alle comunicazioni in arrivo o, come appare più probabile, ai poli tecnologici che avrebbero ritardato ad inoltrare il messaggio ricevuto da Roma?

Anche sul testo del messaggio, come avevamo già accennato in un precedente articolo, ci sarebbe poi tanto da dire. La comunicazione, che alcuni sportelli filatelici hanno anche esposto al pubblico, recita: "si invita formalmente a non porre in vendita domani 30 ottobre 2007 il francobollo dedicato a "Fiume - Terra Orientale già italiana, la cui emissione è stata sospesa...". Cosa significa quel "si invita formalmente"? Sì, è vero che in fin dei conti vuol dire "si ordina", ma possibile che Poste non possa utilizzare, specialmente in una situazione così delicata, termini e toni più incisivi per rivolgersi ai propri uffici?

Morale della favola: tra messaggi trasmessi in ritardo, uffici che non li hanno letti e formule non proprio perentorie, l'unica certezza è che il francobollo è stato in più parti d'Italia regolarmente venduto. Per il resto solo incognite!

Francobolli venduti agli sportelli filatelici


C'è, poi, un ulteriore aspetto della vicenda che, se vogliamo, è ancora più incomprensibile di quelli già esaminati sino ad ora, ossia la regolare vendita del francobollo avvenuta presso alcuni sportelli filatelici. Gli sportelli filatelici, per loro natura, sono le strutture di Poste dove c'è la maggiore concentrazione di richiesta da parte dei collezionisti in occasione delle nuove emissioni, dunque sarebbe stata auspicabile una maggiore attenzione e vigilanza. Attenzione che, almeno a livello centrale, c'è effettivamente stata. Qualcosa, probabilmente, non ha invece funzionato a livello periferico.


Alcune buste Cavallino timbrate con l'annullo Primo Giorno di Emissione del
30 ottobre 2007 e regolarmente vendute in alcune città


Abbiamo detto che la Divisione Filatelia, allo stato attuale, non può inviare direttamente né ordini né semplici comunicazioni agli uffici postali, ma deve farlo attraverso altre strutture aziendali. Proprio questo, d'altronde, sembra essere uno dei motivi principali che ha determinato il ritardo nella sospensione dell'emissione in molti uffici postali. La struttura di Piazza Dante, tuttavia, è in grado di intervenire in maniera diretta presso i 294 sportelli filatelici sul territorio, attraverso la figura del referente filatelico di filiale. Ed, in effetti, tutti i referenti, nella stessa serata di lunedì 29 ottobre, ricevono la medesima e-mail inviata dalla Divisione Filatelia al CNS, con la quale si chiede di comunicare agli uffici il blocco dell'emissione. I referenti, a loro volta, martedì mattina, non appena preso servizio, avrebbero dovuto immediatamente allertare gli sportelli filatelici di propria competenza, anticipando l'arrivo del messaggio "Net Send", comunque inviato dal CNS attraverso i poli tecnologici. Eppure così non è stato, poiché diversi sportelli filatelici hanno continuato tranquillamente, alcuni addirittura per ore, a vendere l'emissione filatelica. Come mai i referenti filatelici non si sono fatti vivi?

Come è stato gestito il blocco dell'emissione


Rimane, a questo punto, l'ultimo dei grandi interrogativi legato alla vicenda: in che modo Poste ha gestito la fase successiva al blocco dell'emissione? Abbiamo appreso che già nella tarda mattinata di

Su internet sono in vendita, ormai da alcuni giorni,
persino fogli interi del francobollo ritirato
martedì Poste, attraverso le strutture territoriali preposte alla distribuzione delle carte valori (essenzialmente i depositi territoriali, avendo quelli provinciali già per la maggior parte perso tale compito), avrebbe diramato una comunicazione a tutti gli uffici per chiedere se il francobollo fosse stato o meno venduto. Il fatto stesso di aver inviato una tale richiesta agli uffici vorrebbe dire che l'azienda probabilmente era a conoscenza delle difficoltà e delle anomalie riscontrate nell'invio dell'ordine di sospensione. A questo punto non sarebbe stato difficile barare sulle quantità, semplicemente comunicando un numero di esemplari venduto superiore a quello effettivo (anche laddove l'ufficio non avesse in realtà venduto nulla). Siamo sicuri che ciò non si sia verificato, ma è innegabile che, almeno in teoria, sarebbe stato possibile. Per il momento i francobolli rimangono chiusi negli uffici, in attesa del 10 dicembre, nuova data fissata per l'emissione (sempre che, ovviamente, nelle "alte sfere" non decidano altrimenti), e teoricamente non possono essere più toccati, proprio perché il numero di esemplari venduti prima dello stop era già stato comunicato nella stessa giornata di martedì. Ma a questo punto ci chiediamo: quando sarà possibile conoscere questi dati? Qualcuno sta verificando se i dati comunicati corrispondono effettivamente al numero di francobolli venduti prima del blocco?

I dubbi, insomma, abbondano, e non sembrano per il momento destinati ad essere sciolti.

Qualcuno, dal canto suo, ha già auspicato l'intervento delle autorità per fare chiarezza sulla vicenda. Sarebbe sufficiente, riteniamo noi, che Poste ponesse in essere una rigorosa e seria indagine interna, anzitutto per appurare i fatti come realmente sono accaduti e poi, nel caso, assumendosi il coraggio di adottare i dovuti provvedimenti, anche disciplinari, se dovessero emergere particolari responsabilità.




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